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Fed, tassi fermi al 5,25-5,5%. Svolta storica per la Banca del Giappone

La Fed ha confermato i tre tagli nel 2024, il primo potrebbe essere a giugno. Svolta per la Bank of Japan, che si lascia alle spalle i tassi negativi.

Era largamente previsto, ed è successo: la Federal Reserve, la banca centrale statunitense, non ha apportato modifiche alla sua politica monetaria e ha lasciato l’intervallo dei tassi al 5,25-5,5%. Nell’ambito del FOMC – il Federal Open Market Committee, principale strumento di politica monetaria della Federal Reserve – la decisione annunciata il 20 marzo è stata unanime.

 

Il punto principale della riunione è stato l’aggiornamento delle proiezioni economiche: la Fed ha confermato la previsione di tre tagli dei tassi per quest'anno, e la cosa ha rincuorato gli investitori, che a un certo punto avevano temuto due soli tagli anziché la tripletta.

 

Una revisione ha invece riguardato il prossimo anno: i tagli previsti ora sono tre, rispetto ai quattro indicati nell’aggiornamento di dicembre.

 

  • La previsione mediana dei tassi per fine 2025 si attesta quindi al 3,9%, dal 3,6%.
  • Quella per il 2026 si posiziona al 3,1%, dal 2,9%.
  • Le previsioni a lungo termine per i Fed funds salgono al 2,6%, dal 2,5%.

 

Le previsioni della Fed sulla crescita

 

Le ragioni sono da ricercarsi principalmente in un’economia che finora ha dato riscontri decisamente migliori di quanto si pronosticava nel 2022 o anche solo all’inizio del 2023. Non a caso, la revisione delle previsioni sulla crescita è stata un po’ più consistente del previsto, oltre il 2% per i prossimi tre anni. Ritoccata al ribasso la proiezione del tasso di disoccupazione per la fine del 2024, al 4% dal 4,1%, a fronte del 3,9% attuale. L’inflazione core per la fine del 2024 è stata rivista al 2,6%, dal 2,4%.

 

Ci si chiede, quindi, quando arriverà il taglio dei tassi.

POST 1089 Fed decisione del 20 marzo 2024 grafico pic

Taglio dei tassi “a un certo punto dell’anno”

 

La dichiarazione che ha accompagnato la decisione non ha subito molte modifiche.

“Il Comitato non prevede che sarà appropriato ridurre l’intervallo di riferimento fino a quando non avrà acquisito maggiore fiducia nel fatto che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso il 2%”.

Nella conferenza stampa, il presidente della Fed Jerome Powell ha sostanzialmente ribadito quanto dichiarato all’inizio del mese davanti al Congresso, e cioè che il tasso di policy è probabilmente al suo massimo e che sarebbe opportuno iniziare un allentamento verso un livello più neutrale “a un certo punto di quest’anno”.

 

Ma, appunto, si aspetta di maturare una maggiore sicurezza circa il fatto che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile in direzione del 2%.

“Quando avremo questa fiducia, e non siamo lontani da essa, sarà opportuno iniziare a ridurre il livello di restrizione”.

Primo taglio dei tassi a giugno?

 

Similarmente a quanto accaduto dopo la riunione della Banca Centrale Europea (link), ora le attese si concentrano su un possibile primo taglio dei tassi di interesse a giugno (in quel mese, la riunione del FOMC è programmata per i giorni 11 e 12).

 

Ma se per quest’anno il numero dei tagli è al momento confermato, per i prossimi anni, come detto, c’è stata una revisione. Come mai tanta cautela? Da una parte, lo abbiamo detto, c’è l’economia, che finora ha dato prestazioni molto migliori di quanto si prevedeva uno o due anni fa. Ma dall’altra c’è la politica fiscale, che ha subito un notevole allentamento sotto le amministrazioni Trump e Biden e che difficilmente cambierà presto direzione.

 

Per dire: il Congressional Budget Office prevede deficit superiori al 5% in ciascuno dei prossimi dieci anni. A fronte di ciò, la politica monetaria dovrà giocoforza essere più restrittiva, per tenere sotto controllo l’inflazione. Inoltre, la politica di rilocalizzazione dell’industria manifatturiera negli Stati Uniti e gli investimenti per la decarbonizzazione dell’economia, se da un lato favoriscono la crescita, dall’altro potrebbero aumentare le pressioni sull’inflazione. Senza trascurare l’incognita di tariffe doganali in caso di una potenziale nuova presidenza Trump.

 

Insomma, la parola d’ordine, per la Fed, continuerà a essere “cautela”.

 

Perfino il Giappone dice addio ai tassi negativi

 

Negli stessi giorni in cui si è riunita la Fed, un’altra notizia storica si è registrata sul fronte delle banche centrali: la Banca del Giappone si è lasciata alle spalle l’ultimo tasso di interesse negativo rimasto al mondo da quando, nel 2022, le principali banche centrali dei Paesi sviluppati hanno – chi prima, chi dopo – avviato i rialzi del costo del denaro. La banca centrale ha fissato un nuovo intervallo dei tassi tra lo 0% e lo 0,1%, partendo da un tasso di interesse a breve termine al -0,1%. Tuttavia, ha indicato che le condizioni finanziarie rimarranno accomodanti, ribadendo così i toni da “colomba”.

 

Infine c’è la Bank of England, che nella stessa settimana ha lasciato invariati i tassi di interesse: quello di riferimento è quindi ancora al 5,25%. Una decisione presa quasi all’unanimità: otto i voti favorevoli, mentre un membro ha votato a favore di un abbassamento dello 0,25%.


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